Nonostante le predizioni di cambiamenti radicali nel mondo del lavoro, la realtà potrebbe dimostrarsi ben diversa, lasciando intatta gran parte delle strutture di potere esistenti. Anche con l’avvento di nuove tecnologie, come l'intelligenza artificiale e l'automazione, le classi dominanti che controllano i mezzi di produzione continueranno a farlo, adattandosi alle innovazioni tecnologiche piuttosto che esserne sostituite. I lavori cambieranno, ma la disuguaglianza economica, che favorisce chi detiene il potere, continuerà a perpetuarsi, rendendo la redistribuzione della ricchezza un’utopia lontana.
La storia ci insegna che le trasformazioni lavorative, come quelle avvenute durante la rivoluzione industriale o l'introduzione dei computer, non hanno eliminato il lavoro umano ma lo hanno semplicemente modificato. Questo processo non è stato rivoluzionario, ma evolutivo. La stessa dinamica si applicherà all'automazione e all'intelligenza artificiale, che sostituiranno solo alcune mansioni, lasciando molti settori intatti.
Le società, infatti, cambiano lentamente e la resistenza a modifiche drastiche sarà forte, specialmente in ambiti cruciali come la sicurezza del lavoro e il reddito. Nonostante il rapido progresso tecnologico, le norme sociali, economiche e culturali impiegheranno tempo per adattarsi. L'automazione, quindi, non eliminerà il lavoro umano su larga scala, ma potrebbe introdurre nuove forme di sfruttamento.
Le proposte di redistribuzione della produttività, come la tassazione delle grandi fortune per garantire redditi universali, incontrano ostacoli significativi. Le grandi corporazioni e gli individui molto ricchi continuano a evitare le tasse attraverso sistemi complessi, rendendo difficile l’implementazione di soluzioni su larga scala. Senza cambiamenti politici concreti, le disuguaglianze economiche persisteranno.
Anche con una produttività tecnologica sempre maggiore, la ricchezza tende a concentrarsi nelle mani di pochi, come già visto con l’avvento di Internet e dell’automazione. Le tecnologie avanzate hanno beneficiato in particolare coloro che già detenevano il potere economico, mentre i lavoratori meno qualificati hanno affrontato la stagnazione dei salari e condizioni di lavoro precarie.
Infine, la transizione verso un modello completamente automatizzato richiederebbe enormi cambiamenti economici e politici, ai quali né le aziende né i governi, legati a interessi consolidati, saranno disposti a cedere facilmente. Anche le innovazioni come blockchain o robotica potrebbero rimanere confinate in nicchie di mercato, lasciando la struttura economica principale invariata. La richiesta di lavoro umano, soprattutto in settori che richiedono empatia, creatività e capacità relazionali, come la cura delle persone, l'arte e la politica, continuerà ad esistere.
In questo scenario, sebbene le tecnologie avanzate possano ridurre il lavoro umano in alcuni settori, emergerebbero nuove forme di sfruttamento, come il lavoro precario nelle piattaforme digitali. La gig economy, con le sue condizioni instabili e mal pagate, potrebbe diventare una realtà diffusa, contribuendo ulteriormente al divario crescente tra ricchi e poveri, perpetuando le disuguaglianze economiche entro il 2054.